Quando scriviamo una e-mail, quando esprimiamo delle
opinioni su un social network, quando cerchiamo qualcosa attraverso un motore
di ricerca, quando visitiamo un sito internet, quando insomma navighiamo, tutto
quello che facciamo, scriviamo, cerchiamo e vediamo viene tracciato in forma
anonima e aggregata. In altre parole i nostri dati di navigazione, le nostre
caratteristiche, i nostri interessi vengono associati a quelli di tanti altri
navigatori con le stesse caratteristiche. In questo modo, attraverso le parole
chiave delle nostre e-mail, delle nostre ricerche, delle pagine che visitiamo,
ci appare la pubblicità che maggiormente sarà vicina alla nostra personalità,
ai nostri gusti, alle nostre esigenze.
Questo è un bene o un male? Per gli ottimisti è un bene
perché la pubblicità così è meno fastidiosa, mirata e utile sulle specifiche
esigenze del navigatore e più efficace e meno dispersiva per l’inserzionista. I
detrattori invece sono preoccupati per la violazione della privacy e per i
potenziali pericoli derivanti dall’azione di un “Grande Fratello” di orwelliana
memoria.
Dal punto di vista commerciale questa evoluzione è
sicuramente positiva, sia per i navigatori che ricevono l’informazione che gli
serve (che senso avrebbe far vedere a un uomo la pubblicità di assorbenti
femminili? O a una donna la pubblicità dei rasoi da barba?), sia per gli
inserzionisti che dispongono di dati più attendibili in grado di aumentare
significativamente il valore del ROI (Return On Investment). Attraverso gli
strumenti di controllo che i principali social network e motori di ricerca,
mettono a disposizione, chiunque operi delle strategie di crescita commerciale
attraverso il web marketing e il social media marketing, ha maggiori
possibilità di crescita e sviluppo.
Sul fronte della privacy, tali metodologie aprono scenari
inquietanti se non ci saranno regole, il più universali possibili, sulla tutela
dai dati personali. In questo senso il nuovo RegolamentoEuropeo in procinto di essere votato, rappresenterà un significativo
vantaggio sia per le imprese che per i cittadini.
Ma la vera partita per le imprese si gioca sul terreno dei
contenuti. Un sistema che “legge” quello che scriviamo, leggiamo e visitiamo finisce
inevitabilmente per selezionare e favorire i siti che posseggono i contenuti
qualitativamente migliori, ben strutturati e ben organizzati. Non solo ma anche
i contenuti aggiornati di frequente e con interrelazioni continue fra i siti
aziendali, i social network e il mondo dei blog.
Per questo è un errore concentrarsi sulla “fabbricazione”
tecnica del sito internet, esso infatti è anzitutto un fatto mediatico e solo
dopo un fatto tecnico. Prima dobbiamo sapere cosa dire, come dirlo, perché,
quando e a chi, e solo dopo possiamo pensare a come strutturare tutto questo in
un progetto internet. Solo quando abbiamo una strategia da seguire possiamo puntare
a dei risultati. Altrimenti è meglio aspettare.
Si perdono più clienti con un sito internet mal fatto che
senza di esso.